Così l’Europa contrasta il virus Hiv
13.06.2016
All'Italian Conference of Aids and Antiretroviral Research (Icar) tenutasi a Milano si è fatto il punto sulle modalità di risposta dei Paesi nei confronti dell'infezione grazie all'intervento di Micheal Kazatchkine. Secondo l'esperto appare difficile che si arrivi nello stesso momento al risultato di "90-90-90" ("90% testati-90% dei diagnosticati in trattamento, 90% dei trattati in virosoppressione") prefissato da Unaids per tutti i Paesi europei.
La cascade of care svizzera mostra che il 68% dei pazienti trattati ottiene la virosoppressione, mentre in Russia questa percentuale è del 9%. Nell'Europa occidentale, in particolare, malgrado la riduzione del numero di nuove infezioni negli ultimi dieci anni da 7.9 a 6.3/100.000 abitanti, la trasmissione è aumentata di oltre il 30% tra gli omosessuali mentre tra gli eterosessuali si è ridotta. Tutti i paesi occidentali hanno ottenuto la soppressione virologica nel 50% dei trattati, ma nessuno invece nel 2013 ha potuto raggiungere l'obiettivo finale del 73% di soppressione virologica.
Nel nostro Paese il mantenimento del paziente con HIV all'interno del percorso di cura dopo il test viene seguito in modo molto stretto poiché non solo per l'importanza della virosoppressione (cioè la discesa dei livelli di HIV-RNA al di sotto delle 50 copie/ml) come traguardo clinico, ma anche perché si tratta di uno strumento molto utile per valutare la qualità dell'assistenza, ed eventualmente migliorarla. Quest'anno ad ICAR i nuovi dati, i primi ottenuti a livello nazionale, della "cascade of care" (letteralmente, la "cascata assistenziale") suggeriscono che l'Italia è molto vicina perlomeno ai primi due traguardi prefissati da Unaids. ("90% testati-90% dei diagnosticati in trattamento).
