Empatia medico-paziente, chiave per il successo terapeutico
12.10.2015
Capacità di ascolto, pazienza, comprensione e rispetto dei bisogni dell'altro, un linguaggio semplice e preciso ma che tocchi le corde emotive del paziente. In una parola, empatia: è questa la nuova "pillola" che ogni medico dovrebbe avere nella sua borsa, per migliorare l'efficacia di qualsiasi terapia, per curare e per curarsi.
Un rapporto empatico medico-paziente aumenta infatti fino al 40% l'efficacia delle cure, migliorando l'aderenza ai trattamenti e diminuendo di quattro volte il rischio di effetti collaterali e ricoveri, con effetti positivi sui camici bianchi stessi: l'empatia in ambulatorio, aiutando a costruire un rapporto di maggior fiducia, taglia le denunce per malpractice e riduce il pericolo di sindrome da '"ogoramento in corsia". Lo rivelano gli esperti riuniti per il congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), a Roma.
Troppo pochi sono medici che hanno capito l'importanza dell'empatia: appena il 22 per cento instaura un buon rapporto coi malati, spesso perché non ne ha neppure il tempo visto che una visita dura in media 9 minuti e già dopo 20 secondi di dialogo il paziente viene interrotto. La buona notizia è che l'empatia si può insegnare attraverso lezioni frontali ed esperienze guidate in corsia: SIMI ha già proposto perciò di inserire nel corso di laurea in medicina e chirurgia un modulo di scienze umane, da seguire durante i sei anni di studio attraverso seminari e didattica teorico-pratica dedicata.
