L’impegno per il medico con il paziente “difficile”
14.03.2016
Una ricerca apparsa su BMJ Quality & Safety fa il punto su un fenomeno che appare sempre più diffuso, la difficoltà di giungere ad una diagnosi corretta quando il paziente è particolarmente "difficile". L'indagine ha preso in esame 63 medici di medicina generale, proponendo una o due versione di sei casi clinici. In un caso il paziente presentava oggettive difficoltà, nell'altro era "neutro", quindi più facile da esplorare. I casi clinici erano di polmonite, embolia polmonare, meningoencefalite, ipertiroidismo, appendicite e pancreatite alcolica.
Ad ogni medico veniva richiesta una diagnosi il prima possibile, sulla scorta dell'anamnesi, dei segni clinici e dei sintomi, dei reperti relativi alla visita. L'accuratezza diagnostica è risultata di gran lunga superiore nel caso di pazienti neutrali, a conferma delle difficoltà a comprendere le complessità del paziente più "difficile" in ambulatorio, pur di fronte ad un caso clinico esattamente identico.
Lo studio è stato ripetuto anche su specialisti ospedalieri ed anche in questo caso nei pazienti difficili a parità di tempo impiegato la percentuale di diagnosi corretta è risultata inferiore.
