Tendenze Nuove > Numero 1-2/2012 (gennaio-aprile)
2012: anno dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni

L'anno 2012 è stato dichiarato dalla Commissione europea «dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni». L'indicazione ha ovvie ricadute sull'organizzazione sociale; ma ha forse anche qualche rilevanza per i servizi sanitari? La risposta è positiva e di seguito ne diamo alcune giustificazioni.
La prima e la più ovvia è legata alla prevenzione. Infatti, la possibilità di un invecchiamento in buona salute - e quindi attivo - è legata allo stile di vita che la persona ha adottato in età giovane adulta. È inutile insistere su questo aspetto ben noto, anche se i dati italiani sull'investimento economico in ambito preventivo sono spesso deludenti, essendo in molte aree del paese ben inferiore al dovuto 5%. Ma ciò che è ancor più significativo riguarda l'importanza di educare i cittadini ad un atteggiamento salutare anche in età avanzata, secondo il motto «non è mai troppo tardi» (non è una frase banale, ma la conseguenza di studi seri e controllati). Infatti, è sempre possibile guadagnare un po' di salute facendo una vita attiva sul piano psichico e motorio, innescando di conseguenza un circolo vizioso per cui «vita crea vita». Ma a chi spetta il compito di una seria e strutturata educazione sanitaria in questo ambito? Le aziende territoriali sembrano in questo momento troppo coinvolte in altri problemi per dedicarsi a questi interventi; l'area resta quindi scoperta e nel migliore dei casi affidata ad iniziative sporadiche, che - per quanto generose - non raggiungono i target. Che fare per cambiare l'atteggiamento programmatorio delle aziende in questo ambito? Basterà lo stimolo indotto dalla proclamazione del 2012 come anno dell'anziano attivo? La scarsa autonomia economica delle aziende sanitarie non permette piani articolati, che richiedono un certo ammontare di finanziamenti. Solo piani originanti a livello regionale potrebbero avere uno spazio significativo: ma chi si impegna in questo campo nel momento di attenzione per mille altri problemi? Né valgono sul piano concreto le valutazioni teoriche di quanto sarebbe il risparmio per il sistema sanitario se attraverso la prevenzione si evitassero un numero più o meno elevato di atti di cura con i relativi costi: le quantità in questo ambito sono note da molti anni, ma sempre sono dimenticate al momento di decidere interventi la cui efficacia (anche sul piano del rapporto costi-benefici) si può misurare nell'ambito di pochi mesi e non di decenni!
Un secondo aspetto di rilievo sanitario perché in età avanzata si possa vivere un tempo attivo e significante riguarda gli interventi clinici a favore degli anziani quando compaiono nuove malattie o si riacutizzano malattie croniche. Recentemente, un'indagine condotta su un migliaio di medici inglesi ha messo in luce il loro scetticismo rispetto alla possibilità di ricevere cure adeguate una volta che loro stessi raggiungeranno la terza e la quarta età. Di fatto riconoscevano che il sistema per molte ragioni, culturali, tecniche, organizzative, economiche non è in grado di rispondere ai bisogni di una popolazione che invecchia. Che fare quindi in questo campo? Non si deve invocare la mancanza di basi scientifiche sull'opportunità di interventi clinici mirati anche in età avanzata; quello che manca è l'immissione concreta nel sistema delle cure di un atteggiamento che miri a intervenire quando compaiono delle manifestazioni patologiche che hanno un pesante e spesso immediato riflesso sull'autonomia funzionale. Si pensi al riconoscimento precoce delle malattie, che spesso sono paucistomatiche e al dovere di intervenire prima possibile per evitare che si instaurino meccanismi a cascata che coinvolgono più organi e sistemi, con il conseguente allettamento, alterazioni metaboliche, eventi legati all'infiammazione cronica, aggravamento della prognosi, ecc. Ovviamente il sistema deve essere convinto che il vecchio risponde ad interventi intensivi, che quindi devono essere messi in atto come in qualsiasi altra età. Pena le conseguenze sopra indicate, che a loro volta comportano, oltre che inutile sofferenza, un carico sui servizi ed i loro costi, nonché spesso anche un pesante coinvolgimento dei sistemi informali di caregiving (la famiglia). Sempre in ambito strettamente sanitario si colloca l'insieme di altri servizi con il fine di indurre una ripresa funzionale del paziente, quali la riabilitazione. Nessun anziano oggi è troppo compromesso da non poter fruire di adeguati interventi di riabilitazione; ma ancora una volta ci si scontra con l'ignoranza troppo spesso professata da operatori e programmatori. Ne è un esempio la recente predisposizione di servizi di cure sub acute nelle quali si è ritenuta inutile la presenza di attività riabilitative, non riuscendo a comprendere, per mancata conoscenza della clinica, che una persona anziana ospedalizzata se non è sottoposta con intensità a processi di attivazione e riabilitazione rischia di cadere in una grave condizione di disabilità, di difficile risoluzione ed ovviamente molto costosa.
Un terzo aspetto da tenere in considerazione riguarda l'importanza che la persona anziana sia conservata in una condizione di relativo benessere perché possa essere ancora produttiva e quindi contribuisca alla costruzione della ricchezza collettiva, che a sua volta è la base per finanziare servizi per la quota di anziani che per le vicende della vita o per eventi naturali sono forti consumatori dei servizi sanitari e assistenziali. Si delinea a questo proposito una sequenza positiva, per cui un'attenzione del sistema sanitario verso gli anziani ed il mantenimento più a lungo possibile di una condizione di benessere e quindi di attività, contribuisce all'aumento della disponibilità economica della collettività, che è la base per un ampliamento del finanziamento del servizio sanitario nazionale. In questo modo non tutte le persone in età avanzata rappresentano un peso per la collettività; ciò, oltre alle conseguenze positive sul piano economico sopra delineate, ha anche aspetti positivi sul piano psicologico, perché permette ad una fascia sempre più ampia di anziani di sentirsi partecipi attivi della costruzione di capitale sociale ed economico. A questo proposito è stato calcolato che l'attivazione lavorativa - anche limitata nel tempo e per intensità - della fascia di persone tra 65 e 75 anni potrebbe portare ad una ricchezza aggiuntiva annua dei 33 miliardi di euro. Se circa l'8% di questo nuovo prodotto interno lordo fosse dedicato ad un ulteriore finanziamento del fondo sanitario, quest'ultimo si arricchirebbe di circa 2,5 miliardi di euro, cifra non irrilevante che permetterebbe di ampliare i servizi sanitari e assistenziali rivolti alle persone anziane affette da gravi patologie che inducono disabilità.
Il cerchio si chiude; è sperabile che il programmatore a livello nazionale, regionale e locale comprenda la valenza economica, oltre che umana e civile, di queste scelte. Forse l'anno 2012 potrebbe rappresentare un'occasione particolarmente significativa.
Marco Trabucchi
