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Fondazione Smith Kline

 

Tendenze Nuove > Numero 3/2012 (maggio-giugno)

Una nuova frugalità in medicina?

Copertina Una nuova frugalità in medicina? (maggio-giugno)

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La sola lettura del titolo di questo editoriale potrebbe suscitare qualche perplessità; infatti il termine frugalità evoca memorie di ristrettezze non desiderate, che in passato producevano sofferenze e difficoltà. Noi invece utilizziamo questo termine con la libertà che in un momento di crisi impone di affrontare ogni problema con coraggio, perché vi è bisogno di risposte forti. Quelle tradizionali, infatti, hanno fatto il loro tempo e non sono più in grado di produrre risultati significativi e, ancor meno, convincenti per i cittadini.

Ma cosa significa frugalità in medicina? L'obiettivo è risparmiare percentuali rilevanti della spesa per i servizi sanitari, andando a toccare anche pezzi di servizio che producono effetti per la salute. Infatti la frugalità è molto di più che il risparmio in settori che non producono risultati. In altre parole è arrivato il tempo di decidere se il controllo della spesa sanitaria può essere fatto continuando per la strada incerta delle razionalizzazioni o se invece è necessario fare interventi che limitino i servizi disponibili sulla base di criteri clinici precisi, che in generale si ispirano ad una frugalità scelta dal cittadino.

Queste considerazioni sono dettate dalla constatazione che purtroppo i tagli sugli eccessi e gli sprechi non hanno portato a reali risparmi; resistenze forti da parte del sistema hanno impedito di trasformare in risparmi anche interventi apparentemente forti come la chiusura di alcuni ospedali. Infatti il personale continua a svolgere mansioni simili a quelle precedenti, perché è difficile una reale riconversione, i muri vengono occupati da altri servizi con costi sempre elevati per la loro gestione, i fornitori fanno pressione per la conversione degli impegni in altri settori. Peraltro le corporazioni resistono alla semplificazione dei servizi; frequentemente ne convivono di assolutamente simili in spazi contigui, ciascuno con una propria organizzazione autonoma, inutile ma intoccabile, anche perché spesso gli operatori sono collegati con padrinati politici che difendono interessi particolari.

Sulla base di queste considerazioni, appare ovvio che interventi più drastici sono l'unica soluzione praticabile in tempi non lunghissimi. Una di queste proposte prevede di far uscire dal sistema dei rimborsi pubblici una serie di costi attribuibili a interventi di peso limitato, perché si riferiscono a condizioni di malattia di breve durata, con un preciso inizio ed una fine altrettanto definibile. Già qualche anno fa la Fondazione Smith Kline aveva elaborato delle proposte in questo senso, poi non ulteriormente sviluppate. Forse è venuto il tempo di riprenderle in mano e di riproporle all'attenzione della politica, oggi sinceramente impegnata con l'attuale governo a trovare strade per rendere compatibile il nostro sistema universalistico con bilanci sempre più limitati. E addossare ai cittadini i costi per interventi di breve durata non rappresenta una lesione dell'universalismo, ma solo una sua intelligente modulazione per poter rispondere a tutti di fronte ai bisogni più pesanti, che richiedono l'intervento della collettività.

Ma i cittadini sono disposti ad accettare un atteggiamento più frugale rispetto alla situazione attuale? Da più parti si è recentemente accennato ad alcuni inviti all'austerità che erano stati espressi qualche decennio fa da autorevoli esponenti della classe politica; non sembra però che gli anni più recenti siano stati ispirati a criteri di forte rigore etico. Ma a prescindere da prese di posizione ufficiali, i cittadini sarebbero disposti ad assumere la frugalità come modalità della vita individuale e collettiva? Chi scrive incontra persone bisognose di cure di tutti i ceti sociali; l'impressione - seppure empirica - è che una responsabilizzazione di fronte alla spesa potrebbe ottenere consenso rispetto a provvedimenti anche severi. Certamente la consapevolezza non si ottiene con operazioni come il comunicare i costi di un ricovero al momento della dimissione dall'ospedale. È infatti solo il modo per far sentire a disagio proprio chi ha maggior bisogno di assistenza e quindi costa di più e sarebbe la persona che più si gioverebbe della frugalità di altri.

Recentemente un editoriale del «New England Journal of Medicine» indicava la parola razionamento come un termine impronunciabile in ambito sanitario; infatti la frugalità ha un altro significato, e non solo sul piano estetico, perché presume un'accettazione da parte del cittadino, mentre il razionamento viene calato dall'alto, con o senza il consenso degli interessati. Qualcuno potrebbe ritenere che il termine ha una valenza etica, che poco si adatta ad una decisione economica; però in questo momento sarebbero in molti ad accettare piccoli-grandi sacrifici. Per ottenere questo risultato non è opportuno fare ricorso al terrorismo dei numeri, perché la paura paralizza e non è mai stata una consigliera per scelte intelligenti; molto di più vale l'indicazione che i bisogni del vicino, spesso pesanti e non risolvibili solamente con le sue forze, potrebbero domani diventare i nostri bisogni e che quindi se si accetta la regola della frugalità domani potrebbe diventare un vantaggio per noi. Una parola «sorella» della frugalità è la parsimonia, caratteristica di chi deve decidere se e come spendere; la parsimonia, in particolare, dovrebbe essere dote del medico, che di fronte a bisogni che sono teoricamente senza fine, è in grado di farne un elenco ragionato, indirizzando l'impegno clinico e quindi di spesa verso le aree realmente bisognose e non tutto quanto appartiene ad elenchi che rispondono alla realtà in termini formali, ma non rappresentano aree di sostanziale utilità per il benessere del cittadino.

Come si può comprendere da queste poche righe il tema del risparmio collegato alla frugalità si apre a mille sfaccettature; perché non avere il coraggio di porlo apertamente, evitando le consuete discussioni in politichese su una tipologia o l'altra di ticket? È necessario capire che i nostri concittadini non sono più disposti ad accettare alchimie che chiedono sacrifici senza essere responsabilizzati; invece utilizzare apertamente la parola solidarietà, corredata da impegni precisi a tutti i livelli, potrebbe costituire un approccio nuovo e probabilmente efficace. Perché non tentare con coraggio, andando contro corrente rispetto all'idea di una decadenza inarrestabile?

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