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Tendenze Nuove > Numero 5/2011 (settembre-ottobre)

La crisi economica e il governo delle aziende sanitarie

Copertina La crisi economica e il governo delle aziende sanitarie (settembre-ottobre)

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La crisi economica e il governo delle aziende sanitarie

I tempi che ci aspettano nei prossimi mesi sono davvero complicati. Una forte preoccupazione pervade chiunque abbia responsabilità nel mondo dell'assistenza, dal medico, all'infermiere, al programmatore, al politico. Un osservatore esterno rileva però che questa ansia per il futuro rischia di diventare così pervasiva da procurare danni al sistema sanitario prima ancora (e altrettanto gravi) di quelli indotti dalla crisi. È quindi necessario affrontare apertamente la tematica.

La logica paneconomicistica sta esercitando un blocco pesante sui servizi e sulla loro gestione. Infatti la necessità di tagliare i costi ha costretto chi deve governare ad un impegno totalitario, che induce a trascurare le esigenze di una normale, equilibrata gestione e - ancor più - la programmazione del nuovo. Questo fatto sta inducendo una progressiva paralisi; il tempo e la testa dei direttori generali delle aziende e, a discendere, quello dei loro collaboratori viene monopolizzato dai piani di riduzione delle spese. Ogni apertura di nuove problematiche viene rifiutata come inopportuna; di fronte all'«assedio» sembra futile occuparsi dei problemi di un reparto o di un servizio, magari per l'acquisto di uno strumento o la sostituzione di un'unità di personale; ancor meno se si pensa di aprire - anche a costo zero - un nucleo di attenzione su una tematica innovativa. In questo modo inevitabilmente si rischia che la mancata manutenzione del sistema porti ad un peggioramento rilevante dell'assistenza fornita ai cittadini.

Chi scrive non è alieno dal considerare centrali gli aspetti di compatibilità economica, soprattutto oggi dopo anni di gestione allegra (irresponsabile?); si permette però alcune considerazioni di ordine metodologico, per dare un senso logico a certi comportamenti, anche considerando che la problematica dei tagli è destinata ad accompagnarci almeno fino al 2014, ammesso e non concesso che dopo quella data tutto sarà risolto (infatti basteranno alla voracità della spesa pubblica i 2.6 miliardi di tagli in ambito sanitario del 2012, i 2.5 del 2013 e i 5.5 del 2014?).

Una prima considerazione riguarda le scelte compiute dai programmatori rispetto alle compatibilità economiche; su che basi vengono definite? secondo parametri internazionali? oppure partendo da considerazioni storiche sullo sviluppo di un settore rispetto ad un altro? oppure sotto la pressione di interessi locali o corporativi? Oppure solo in base a decisioni che non sembrano avere una logica? In questa sede non mi permetto di fare esempi, per evitare malintendimenti, rispetto ad uno scenario che è abbastanza omogeneamente negativo. Però ogni lettore avrà riferimenti precisi nel proprio ambito di lavoro.

Una seconda considerazione riguarda il dovere del decisore di misurare le ricadute di una certa determinazione sugli equilibri dell'intero sistema o di una specifica rete di servizi. Sappiamo bene che in Italia non sono presi in considerazione gli studi che analizzano le ricadute sistemiche, come invece avviene negli Stati Uniti. Però sarebbe talvolta sufficiente anche uno sguardo veloce al quadro di riferimento per comprendere se un taglio porta con sé effetti negativi o, addirittura, un aumento dei costi.

Una ulteriore considerazione riguarda i danni alla salute (mi si perdoni la collocazione di questo punto... per evitare accuse più o meno esplicite di «buonismo»). In alcuni casi i tagli non portano alcun danno ai cittadini (a questo proposito la retorica costruita attorno ai ticket è istruttiva). In altri casi però i tagli ricadono direttamente su qualità/quantità delle prestazioni. Ciò è più evidente in alcune aree nelle quali la domanda si era espansa da poco e quindi erano già in sofferenza in tempi precrisi. Si pensi a tutto l'ambito delle malattie croniche, le quali trovano un equilibrio solo nella continua attenzione da parte del sistema sanitario. Peraltro i cittadini affetti da patologie di lunga durata non hanno una forte rappresentanza sociale, perché attorno ai fragili si è costruito un sistema di cure strutturalmente fragile. Dai malati oncologici a quelli affetti da patologie neurodegenerative, passando attraverso altre forme di cronicità che colpiscono in alcune aree circa il 25% dei cittadini, moltissime sono le persone danneggiate dai tagli.

Queste considerazioni dovrebbero fare breccia nella mente dei manager sanitari perché la salute è il prodotto della loro azienda. Troppo spesso infatti la logica è quella di comparare i costi con i benefici, che però sono misurati in termini di procedure adottate e non di risultati. È noto che non sempre i risultati possono essere immediatamente rilevati, però ormai l'epidemiologia ha largamente dimostrato il rapporto stretto tra buona salute e sopravvivenza da una parte e qualità dei servizi dall'altra. Tra l'altro si deve considerare in questo ambito il legame tra ambiente socio-economico di vita dei cittadini e organizzazione di servizi; in un momento di grave crisi economica per molte famiglie, soprattutto come conseguenza della disoccupazione, sarebbe importante il mantenimento di un buon livello dei servizi sanitari nel loro complesso, perché eserciterebbe una funzione di tampone nella crisi. Con il risultato finale di migliorare la salute della popolazione.

Sono certo che il lettore vorrà cogliere con benevolente attenzione queste considerazioni, dettate dal desiderio comune di ridurre le conseguenze gravissime della crisi che colpisce in questi mesi i paesi sviluppati. Pur in uno scenario molto complesso, talvolta è sufficiente un atteggiamento di serena attenzione al quadro di insieme dei compiti di un programmatore/gestore per evitare che si diffonda all'interno dell'azienda sanitaria un'atmosfera di pessimismo, il peggiore nemico dell'impegno di tanti operatori, molti di loro già personalmente colpiti dalle difficoltà economiche. È importante far capire che - nonostante tutto - il sistema è nelle mani di chi valuta con serietà il momento di crisi, ma non sottopone ogni decisione o atteggiamento alla sola misura dei parametri economici.

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